L’UOMO CHIAMATO CAVALLO

 

Lo vedevano tutte le mattine, mentre andava a comprare il pane

Lo vedevano con occhi saturi di invidia…

Lo seguivano con sguardi acidi mentre il sole scendeva

Lo seguivano pure di sera quando ritornava a casa…

E poi un giorno rosso di fiori, dopo il canto del gallo

E poi un giorno lo videro nudo sotto alla doccia nel suo cortile

E in quel giorno da dimenticare si ritrovò tutto il paese

Con le mani tra i capelli dopo aver visto il suo pene!

E lo chiamarono… cavallo… cavallo… cavallo… cavallo…

Lo vedevano con occhi diversi dopo quel giorno di primavera

e le donne e le ragazze lo sognavano sotto i cuscini…

E i pensieri degli anziani, che erano quelli più diffidenti,

avvolti da aneliti ricordi, quando anche loro giostravano cuori…

Ma il ragazzo chiamato cavallo oramai sospettava di quella gente,

dentro ai suoi jeans di sei taglie più grandi,

leggeva nel cielo un futuro scadente…

Mentre girava sul suo motorino veniva attorniato da delle ragazze

Quando era fermo su di un marciapiede,

si gettavan com’esche in mezzo alle sue gambe…

E lo chiamavano… cavallo… cavallo… cavallo… cavallo…

Verso la fine della quaresima, il giovane uomo, equino di fama

Venne a trovarsi nel centro di un gruppo

Formato da mazze, bastoni e da spranghe…

Ancora adesso lo piangono tutte,

sia le bambine, le nonne e le mamme

Sono passati ormai già sette anni,

da quell’incidente davanti alla chiesa 

Molte non credono a ciò che si dice

Molte lo sanno che è stato ammazzato

È stata l’invidia a stanare quei pazzi,

perché aveva un pene lungo tanto i lor cazzi… messi assieme

E lo chiamarono… cavallo… cavallo… cavallo… cavallo…

E lo chiamarono… cavallo… cavallo… cavallo… cavallo…

E lo chiamarono… cavallo… cavallo… cavallo… cavallo…

 

(19/12/1995)

 

testo e musica by Ivan Piombino